UNIFORME DEGLI EBREI

All’atto della registrazione i deportati ricevevano speciali abiti di traliccio a strisce azzurro-grigio che, essendo visibili anche da lontano, ostacolavano seriamente eventuali tentativi di fuga. Gli uomini ricevevano una camicia, mutandoni, una blusa e dei pantaloni. La versione estiva e quella invernale del vestiario, comunque di traliccio, si differenziava solo per lo spessore del materiale. In inverno, venivano distribuiti dei “cappotti” a righe di materiale più pesante, ma senza imbottitura. Per le scarpe, i prigionieri ricevevano zoccoli di legno di tipo olandese o scarpe con suola di legno.

Le uniformi, sporche e piene di pidocchi, quasi mai della misura giusta, si indurivano a contatto con la pioggia e gli zoccoli, che certo non agevolavano il movimento, costituivano un’ulteriore sofferenza per i detenuti. A causa della difficoltà nel rifornire Auschwitz della quantità necessaria di capi di vestiario e di calzature, durante il freddissimo e nevoso autunno del 1940 ai prigionieri non vennero distribuiti gli zoccoli e furono costretti a camminare, lavorare e stare in piedi scalzi, persino durante i lunghi appelli. I detenuti, per difendersi dal rigore degli inverni dell’epoca, rinforzavano la blusa “invernale” con pezzi di carta ricavati dai sacchi di cemento vuoti, nonostante ciò fosse severamente vietato. La pulizia dei vestiti veniva permessa solo ai prigionieri che per motivi di lavoro erano in contatto diretto con le SS, che avevano un terrore-panico dei pidocchi. L’insufficienza e l’inefficienza delle lavanderie, unite alla mancanza di attrezzature per la disinfestazione, faceva sì che la biancheria non venisse cambiata per settimane, a volte mesi.